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mercoledì 26 ottobre 2016

60, 65, 72, 75, 88, 100, 125, 130... Sto dando i numeri?

60, 65, 72, 75, 88, 100, 125, 130... Sto dando i numeri?
No! E' il prezzo medio che oggi spuntano (o spunterebbero, il condizionale è d'obbligo), 100 kg di olive, acquistate all'ingrosso.
Sono dati presunti, certo, ma sono quelli che sento in giro, che mi riferiscono gli amici e che leggo sui social.
Poi, la realtà si mischia alla leggenda.
Dicono di camion pieni di olive che, destinate ad un frantoio, cambiano il prezzo nel corso del viaggio (nemmeno l'oro ai tempi del Klondike subiva queste oscillazioni). O ancora, raccontano di vere e proprie aste "semi-pubbliche" dove vengono battute partite di olive più o meno di qualità!
Nel bene e nel male questa, ad oggi, è la fotografia che se ne ricava del settore dell'olio da olive, alla luce di una annata pesantemente "disastrosa" per l'olivicoltura italiana.
Ergo che domani, un litro di olio extravergine di oliva non possa costare (nella migliore delle ipotesi) al confezionatore (si, non si tratta di produttori in questo caso...) escluso packaging ed imballaggio, meno di € 7,85. Il conto è preso fatto.
Costo (medio) delle olive:
€ 88,00/quintale, con resa media di 11 litri di olio= € 8,00/litro
Costo (medio) del trasporto delle olive:
€ 15,00/quintale, che daranno 11 litro di olio= € 1,35/litro
Costo (medio) della molitura delle olive:
€ 15,00/quintale, con resa media di 11 litri di olio= € 1,35/litro
Totale: € 10,70 per ogni litro di quello che si spera, nella migliore delle ipotesi, sarà un olio extravergine di oliva.
Sicuramente domani, una buona bottiglia da 500 ml di EVOO non potrà costa al suo produttore/confezionatore meno di € 6,70 (€ 5,35 per mezzo litro di EVOO + € 1,35 bottiglia, etichette, tappo, capsula antirabocco, cartone, ecc.), tutto questo con la buona pace di tutti.
Ma poi, certe cose occorre ribadirle, non sempre la resa sarà quella, non sempre la distanza oliveto/frantoio è così esigua e non sempre la molitura costerà 15 €, non sempre il packaging sarà orientato al risparmio.
Ed allora il costo "netto" al confezionatore arriverà ad oltre € 8,00 per bottiglia da 500 ml
Che dire? 
Dite voi! 
Quanto costerà la bottiglia da 500 ml ad un consumatore italiano, 10/11/15 €?

venerdì 16 ottobre 2015

PrimOlio ad EXPO 2015.

Con l'autunno giunge puntuale la stagione della raccolta delle olive ed arriva il "PrimOlio" dell'anno.
Ed è appunto "PrimOlio", il nome scelto per meglio rappresentare, negli ultimi 16 anni, la manifestazione che in Calabria (e non solo) celebra l'olio extravergine di oliva.
PrimOlio, giunta alla 16° edizione, e che si avvale della collaborazione della Regione Calabria - Dipartimento Agricoltura, dell'Università degli Studi Mediterranea – Dipartimento di Agraria e della Copagri Calabria, prenderà avvio quest'anno, eccezionalmente, a Milano, in concomitanza con la grande esposizione universale EXPO 2015.
Ecco il programma degli eventi PrimOlio 2015 ad EXPO 2015 Milano:
19 ottobre 2015 dalle ore 10.00 Milano EXPO 2015 Padiglione Copagri
PRIMOLIO a EXPO 2015
Degustazione, short stage, corsi di avvicinamento all'olio extravergine di oliva, senza dimenticare altri prodotti a base di olio ed olive come le olive da mensa, il patè di olive, pane e panettone all'olio d'oliva.
Le degustazioni, saranno curate dagli esperti assaggiatori dell'Associazione PrimOlio.

venerdì 12 dicembre 2014

Aspetti produttivi e caratterizzazione sensoriale delle principali cultivar di olivo calabresi.

L’olivo, pianta generosa e longeva, grazie alla sua capacità di rigenerarsi, si potrebbe quasi definire una pianta “magica”, “immortale”. Ed è questa sacralità che ha accompagnato, ed accompagna, strettamente la vita rurale calabrese.
Olive, olio, legno, foglie, rendono questo albero di grande importanza. Diventa alimento per il bestiame e medicamento ed unguento in erboristeria, luce nelle antiche lucerne, lubrificante per le antiche fabbriche, alimento ed ingrediente principale in cucina, calore e legno per le nostre case.
Il leggendario olivo e l’olio che se ne ricava dai suoi frutti, hanno accompagnato così fin dagli inizi la ruralità calabrese, dove il prezioso “oro verde” ha rivestito nella storia la stessa importanza del vino e del pane.
In Calabria, l’olivo arriva – o ritorna, secondo alcuni storici - con le navi dei primi coloni Achei che, nell’VIII sec. a.C., sbarcano nella zona compresa tra Kaulonia, Kroton e Sybaris, mentre i Locresi arrivano quasi contemporaneamente a Lokroi Epizephyrioi ed i Calcidesi a Rhegion.
Ma come attestano alcune evidenze archeologiche, la presenza dell’olivo in Calabria è ben più antica. Tali studi, retrodatano l’introduzione della coltivazione dell’olivo all’età del Bronzo recente (XIII-XII sec. a.C.) come emergerebbe dagli studi condotti negli scavi del centro protostorico di Broglio di Trebisacce (CS) ed in aree limitrofe. In questa area di scavo e studio, sono stati rinvenuti noccioli ed olive, nonché impronte di foglie di Olea europaea negli intonaci, e tracce di olio da olive all’interno dei caratteristici contenitori (pithoi). Tutto questo, daterebbe alla fine del secondo millennio a.C. la pratica dell’olivicoltura lungo la costa della Calabria.
E da allora è stato un crescendo che ha portato, ai giorni nostri, a differenziare un patrimonio olivicolo calabrese che può contare su di un vasto germoplasma di almeno 33 cultivar di olivo, differenti per caratteristiche e zona di origine.
Così Borgese, Carolea, Cassanese di Lauropoli, Cerchiara, Chianota, Ciciarello, Corniola di Villapiana, Razza, Dolce di Rossano, Fecciaro, Fidusa, Grossa di Cassano, Grossa di Gerace, Mafra di Cerchiara, Melitana, Miseo, Napoletana, Nostrana di Amendolara, Ottobratica, Pargolea, Pennulara, Perciasacchi, Policastrese, Pugliasca, Rezza, Roggianella, Santomauro, Sinopolese, Squillaciota, Tombarello, Tonda di Strongoli, Tondina, Zinrifarica, impreziosiscono e caratterizzano tutta la penisola calabrese.
Carolea.
E’ d’obbligo iniziare questo viaggio nell’olio da olive calabrese partendo dalla sua cultivar più rappresentativa: la Carolea.
Conosciuta anche con i sinonimi Becco di Corvo, Borgese, Catanzarese, Cumignana, Olivona, la Carolea è coltivata in tutte e cinque le province calabresi, ma è maggiormente presente in quella di Catanzaro, dove la diffusione complessiva è valutata nell'ordine dei 50.000 ettari.
Concorre, quasi esclusivamente, sia nel determinare la varietà di riferimento della denominazione di origine protetta DOP Lametia (minimo 90%) e sia della denominazione di origine protetta DOP Alto Crotonese (min. 70%). Concorre, altresì, nella composizione varietale della DOP Bruzio - Menzione geografica “Valle Crati” in misura non inferiore al 50% e nelle menzioni “Fascia Prepollinica”, "Colline Joniche Presilane" e “Sibaritide”, dove questa può essere presente al massimo per un 30%.
Cultivar di media vigoria, assurgente, con densità medio folta della chioma. I rami fruttiferi sono mediamente assurgenti, il numero di rami anticipati è medio-elevato, la lunghezza media degli internodi è di 2,4 cm. Le foglie sono di dimensioni medio grandi, ellittico-lanceolate, di colore verde chiaro. Le infiorescenze sono piccole e compatte, con numero medio di fiori pari a 12, l'aborto dell'ovario oscilla tra il 10 e il 12%. Le drupe hanno un peso di 3,5 - 6 g a seconda della carica delle piante. La forma è ellissoidale, asimmetrica, con evidente umbone. A maturazione completa il colore dell'epidermide è nero lucido. Il rapporto polpa nocciolo è superiore a 5.
La Carolea come tutte le varietà antiche è costituita da una popolazione multiclonale, con differenze anche significative. La cultivar è praticamente autosterile, le varietà impollinatici sono l’Olivastro, la Romanella, la Nocellara messinese e l'Ottobratica. L'invaiatura è scalare, l'inoliazione è precoce, la resa in olio varia dal 20 al 25% a seconda dell'epoca di raccolta. Resistente al freddo e alla rogna è però molto sensibile all’occhio di pavone ed alle crittogame in genere; inoltre, è mediamente sensibile alla mosca delle olive ed alla tignola. Il legno è facilmente soggetto ad attacchi di Zeuzera pirina e fleotribo; resistente, invece, a Pseudomonas savastanoi e a Verticillium dahliae.
Le produzioni sono abbondanti e sono destinate prevalentemente all'oleificazione nonostante le buone caratteristiche merceologiche come oliva da mensa.
Si presta molto bene alla raccolta meccanica con l'uso di scuotitori. Le rese di raccolta variano dal 70 al 95%. L'epoca ottimale di raccolta varia da metà ottobre a tutto novembre per le olive destinate alla trasformazione, mentre deve essere anticipata per le olive da tavola.
Profilo sensoriale caratteristico della varietà Carolea.
Oli caratterizzati all’olfatto da un livello medio di fruttato di olive verdi e lievi sentori di erba fresca e frutta, soprattutto di mela. Ancora sensazioni di erba/foglia e carciofo, con rimando al pomodoro ed alla mandorla fresca. Al gusto predomina la nota di amaro, con piccante e dolce più attenuati, con sensazioni retrolfattive di mandorla amara e noce.
Grossa di Cassano (sinonimo: Cassanese, Precoce di Cassano).
Varietà di olive molto diffusa nella piana di Sibari in provincia di Cosenza e nella adiacente fascia collinare pre-pollinica, è stata introdotta anche in altri areali calabresi dove ha dato ottimi risultati produttivi al punto di raggiungere una diffusione pari a circa 6/7.000 ha.
La varietà Grossa di Cassano, caratterizza la denominazione di origine DOP Bruzio - Menzione geografica “Sibaritide”, dove deve esse presente per almeno il 70% mentre, nelle menzioni geografiche "Valle Crati" e “Fascia Prepollinica”, questa percentuale si abbassa fino al 20%.
L'albero si presenta vigoroso, con portamento assurgente ed espanso, la chioma è medio-folta.
I rami fruttiferi hanno un portamento variabile con gli internodi di lunghezza media. Le foglie sono grandi, molto larghe ed ellittiche, il lembo è elicoidale-iponastico, il colore è verde intenso. Le infiorescenze sono grandi, rade, formate da circa 20 fiori, l'aborto dell'ovario è elevato e varia dal 50 al 70%. Le drupe hanno un peso medio di circa 4 grammi. La cultivar è autosterile, si impollina facilmente con la Tondina, la Santomauro e la Corniola. L'invaiatura è precoce e concentrata, l'inoliazione tardiva raggiunge massimo il 18% a dicembre inoltrato. E' molto resistente alle principali fitopatie di origine fungina, mentre è sensibile alle infestazioni daciche. Le produzioni unitarie sono abbastanza elevate, anche l'alternanza è contenuta. Le rese alla raccolta meccanica sono elevate. Il 90% della produzione è destinato alla oleificazione, la restante parte viene consumata come olive da mensa. La Grossa di Cassano, per la buona produttività, l'idoneità alla raccolta meccanica e l'elevata resistenza all’occhio di pavone si sta diffondendo in altri areali. Un aspetto negativo è legato alle rese in olio, estremamente basse con raccolte anticipate (max 10%).
Profilo sensoriale caratteristico della varietà Grossa di Cassano.
Dal profumo intenso e persistente, nell’olio della Grossa di Cassano si individua un fruttato di oliva verde, con sentori erbe di campo e pomodoro acerbo. Bilanciate sono le sensazioni gustative, con un amaro e piccante di medio/bassa intensità, leggere impressioni di carciofo e nette percezioni di mandorla amara.
Ottobratica (sinonimo: Dedarico, Dolce, Mirtoleo, Ottobratico, Perciasacchi).
E' diffusa principalmente in provincia di Reggio Calabria (Piana di Gioia Tauro-Palmi) e in provincia di Vibo Valentia. Si riscontra sporadicamente nel versante ionico reggino e come impollinatore nella piana di Lametia Terme. La diffusione complessiva è di circa 20.000 ha. L'albero si presenta molto vigoroso, con portamento espanso assurgente e chioma fitta; le dimensioni delle piante a volte sono ragguardevoli. I rami fruttiferi hanno un portamento variabile, con internodi abbastanza lunghi.
Le foglie sono di dimensioni medie, ellittiche, lembo piano o lievemente epinastico, il colore è verde intenso. Le infiorescenze sono medie, rade e con circa 15 fiori, l'aborto dell'ovario è variabile ed oscilla tra il15 e il 40 % dei fiori. Le drupe sono piccole (1,7 g), obovate ed allungate, asimmetriche e nere a piena maturazione. Il rapporto polpa nocciolo è inferiore a 4. L'indice di autofertilità è molto basso, per cui necessità di altre cultivar con cui è più frequentemente consociata come ad esempio la Sinopolese.
L'invaiatura è precoce e concentrata, l'inoliazione è tardiva e scalare, la resa in olio è media (17%), e raggiunge il massimo a fine dicembre. La cultivar è molto resistente alle avversità vegetali ed animali dell'olivo ad eccezione della lebbra. Le produzioni sono molto abbondanti ma comunque alternanti.
L'epoca ottimale di raccolta è a fine ottobre inizi di novembre. Le rese e la capacità di lavoro con gli scuotitori sono modeste. Ultimamente nell'areale di origine è stata molto rivalutata.
Profilo sensoriale caratteristico della varietà Ottobratica.
L’Ottobratica presenta un olio dal fruttato medio-intenso di olive colte verdi, con sentori di mela e mandorla che si fondono alle leggere sensazioni di erba, carciofo e frutti verdi.
Sensazione di gusto equilibrato con un amaro e piccante intenso e rimandi alle verdure cotte, al carciofo ed alla mandorla amara.
Tonda di Strongoli
La Tonda di Strongoli conosciuta con i suoi sinonimi Olivo di Pentone, Strongolese, Tonda di Filadelfia, Tonda di Filogaso, viene coltivata nella parte settentrionale della provincia di Crotone, ed è presente sporadicamente in altri areali investendo una superficie di circa 4.000 ha.
Questa varietà, concorre per un massimo del 30% alla denominazione di origine protetta DOP Alto Crotonese.
L'albero è di modesta vigoria, ha un portamento assurgente-espanso e chioma mediamente folta. I rami fruttiferi hanno un portamento variabile tendente al pendulo, internodi corti e rami anticipati scarsi. Le foglie sono di medie dimensioni, lanceolate, con il lembo piano di colore verde chiaro. Le infiorescenze sono piccole e compatte, con numero medio di fiori pari a 15; l'aborto dell'ovario varia dal 30 al 40% dei fiori. Le drupe hanno dimensione grandi o molto grandi, con peso che varia da 4 a 6 g, hanno forma tra l'ovoidale e lo sferoidale, lievemente asimmetrica, nere a maturazione; il rapporto polpa nocciolo è maggiore di 5. La cultivar è parzialmente autofertile.
Invaiatura ed inoliazione si svolgono in epoca intermedia, fine ottobre inizi novembre e sono alquanto concentrate. La resa media in olio raggiunge il 18%. Particolarmente sensibile alla rogna e alle infestazioni daciche. Le produzioni unitarie sono medie ed alternanti. Le olive vengono quasi tutte oleificate, solo il 3% viene destinato al consumo diretto. L'epoca ottimale di raccolta è novembre inizio di dicembre.
Profilo sensoriale caratteristico della varietà Tonda di Strongoli.
Al naso si percepiscono leggere espressioni di fruttato di oliva, erba e frutti acerbi e leggeri sentori di pomodoro ed erbe aromatiche. Al gusto è fine e persistente, con piacevoli note di dolce ed amaro, mentre il piccante deciso ricorda il peperoncino. Ancora sensazione di frutta secca (nocciola e mandorla fresca) in chiusura.
Roggianella (sinonimo: Amaro, Rotondella, Roggianese, Spezzanota, Tondina, Vernile).
Questa varietà, partecipa alla denominazione di origine protetta "Bruzio", accompagnata dalla menzione geografica "Fascia Prepollinica", dove deve essere presente in misura non inferiore al 50%, mentre nella menzione geografica "Valle Crati" e "Sibaritide", la Tondina è presente in misura non superiore al 30%.
Diffusa principalmente nella provincia di Cosenza, tra lo Jonio, la fascia Prepollinica e Pollinica e l’Alto Tirreno, si ritrova come piante sparse (impollinatrici) negli areali di diffusione della “Grossa di Cassano”, e della “Dolce di Rossano”; il totale stimato della diffusione è intorno ai 10.000 ha.
Pianta di bassa vigoria con portamento principalmente espanso. Foglia lanceolata, piccola, di colore verde chiaro. Frutto di forma sferica, calibro medio/grosso (3 - 4 g), a completa maturazione è di colore nero ed è destinato alla produzione di olio. La foglia è lanceolata piccola (lunghezza 3,5 – 5 cm) di colore verde scuro sulla pagina superiore, argentata nella pagina inferiore.
La produttività è elevata. La resa in olio è del 18%. Varietà di elevata rusticità, autofertile, con fruttificazione abbondante e costante, è resistente all'occhio di pavone, alla rogna e alla mosca.
Profilo sensoriale caratteristico della varietà Roggianella.
Fruttato di oliva verde di media intensità, con sensazioni leggere di mandorla, erba fresca e carciofo. Sensazioni gustative equilibrate, con amaro e piccante di media intensità, decisi e persistenti, con sensazioni prevalenti di mandorla fresca e frutti di bosco.
Dolce di Rossano (sinonimo: Dolce, Rossanese).
Ritroviamo questa varietà prevalentemente nella denominazione di origine protetta DOP Bruzio - Menzione geografica “Colline Joniche Presilane” (minimo 70%), nelle menzioni “Sibaritide” (massimo 30%) e “ Valle Crati” (massimo 20%), nonché nella denominazione di origine protetta DOP Alto crotonese dove la presenza massima consentita è del 30%..
Varietà presente in quasi tutta la provincia di Cosenza, con maggiore diffusione nel versante Jonico, da Rossano a Cirò, è presente e caratterizza circa 20.000 ha di superfice olivetata regionale.
Pianta di elevata vigoria e portamento assurgente, con foglia ellittico-lanceolata di media grandezza e di colore verde intenso. Il frutto, a maturazione tardiva, è di forma sferoidale, medio/piccolo (2 g), a maturazione è di colore nero vinoso, destinato principalmente alla produzione di olio. La produttività è alternante con una resa in olio superiore al 20%. E’ una varietà autocompatibile, sensibile alla mosca e all’occhio di pavone.
Profilo sensoriale caratteristico della varietà Dolce di Rossano.
Olio extravergine di oliva caratterizzato, da un livello medio di fruttato di olive colte al giusto memento di maturazione. Leggere sensazioni di erba/foglia di olivo, carciofo e pomodoro ne completano il profilo aromatico. In bocca subito dolce, con un livello leggero di amaro e piccante, con sentore prevalente di mandorla fresca e pinolo.
Grossa di Gerace (sinonimo: Geracese, Geracitana, Paesana, Dolce di Gerace, Mammolese, Oliva grossa, Oliva di Bianco, Paesana).
E’ presente esclusivamente sul versante Jonico della provincia di Reggio C., da Monasterace a Brancaleone ed ha la sua massima diffusione in agro di Gerace e Locri. La diffusione complessiva è dell’ordine di 7/8.000 ha.
L’albero è di vigore elevato e portamento assurgente e chioma relativamente folta. I rami fruttiferi hanno portamento in prevalenza assurgente con internodi corti (1,8 cm) e numero di rami anticipati medio-elevato. Le foglie sono di medie dimensioni, ellittico-lanceolate, lembo piano-iponastico e di colore verde intenso. Le infiorescenze sono piccole e compatte ed hanno un numero medio di fiori pari a 13; l’aborto dell’ovario è risultato in media del 20%.
Le drupe sono di dimensioni medio-piccole (peso di 2,3 - 3 g), hanno forma obovata, leggermente asimmetrica; a maturazione completa il colore è nero vinoso. Il rapporto polpa/nocciolo è risultato di poco superiore a 4.
La Grossa di Gerace mostra una parziale autofertilità; la cultivar che più frequentemente si ritrova consociata per incrementare l’allegagione è la Sinopolese. L’invaiatura è scalare, così pure l’inoliazione che supera il 20% in dicembre. Localmente è apprezzata anche come oliva da tavola verde o nera. Relativamente bene adattata al clima caldo-arido dell’areale di coltivazione, risulta poco colpita dall’occhio di pavone e dalla rogna.
Profilo sensoriale caratteristico della varietà Grossa di Gerace.
Fruttato di oliva medio-alto, con sentori di foglie ed erba, Sensazione di gusto equilibrato con amaro e piccante medio-alti. Medio-alta fluidità.
Al naso offre sensazioni fruttate di leggera intensità, abbastanza persistenti, con sentori di foglia di olivo, erba e piacevoli sensazioni di carciofo e pomodoro.
Al palato mostra una struttura dolce ed avvolgente, con attenuati livelli di amaro e piccante. Mandorla e noce in chiusura.
Sinopolese (sinonimo: Calabrese, Chianota, Coccitana, Pianota, Pizzocorno, Scialoria, Seminarota).
E’ diffusa quasi esclusivamente nella provincia di Reggio Calabria, soprattutto sul versante tirrenico della Paina di Gioia Tauro-Palmi, e si stima una superficie investita di circa 20.000 ha.
L’albero ha portamento maestoso, è molto vigoroso, decisamente assurgente (raggiunge altezze fino a 25 m), presenta chioma folta ed ovale, con rami penduli e sottili. I rami fruttiferi hanno portamento pendulo-variabile, lunghezza degli internodi superiore a 2,5 cm, rami. Le foglie sono di dimensioni medie, ellittico-lanceolate e di colore verde lucente chiaro. Le infiorescenze sono abbastanza grandi, con un numero di fiori variabile da 15 a oltre 20, con aborto dell’ovario è bassissimo. Le drupe sono piccole (peso medio 1,0-2,9 g), oblunghe, con apice arrotondato e di colore nero-violaceo a piena maturazione; il rapporto polpa/nocciolo è sempre inferiore a 4. La produttività è elevata ed alternante, con una resa in olio varia dal 17 al 19%.
Il grado di autosterilità della “Sinopolese” è elevato, le cultivar utilizzate come impollinatrici sono soprattutto la Ottobratica e la Grossa di Gerace.
La cultivar mostra resistenza alla siccità e al freddo mentre è sensibile all’occhio di pavone, alla lebbra, nonché agli attacchi della mosca olearia.
Profilo sensoriale caratteristico della varietà Sinopolese.
Fruttato di oliva medio, con sentori di mandorla, carciofo e pomodoro. Sensazione di gusto equilibrato con amaro medio-alto e piccante medio-leggero. Fluidità media.
Pennulara (sinonimo: Caccuri, Nostrale di Caccuri).
Varietà autoctona calabrese diffusa solo nell'areale dell'alto crotonese compreso tra Savelli e Cotronei, è presente nella denominazione di origine protetta DOP Alto crotonese nella percentuale massima consentita del 30%.
Pianta di medie dimensioni, con portamento pendulo, presenta foglie lanceolate di colore verde chiaro. Il frutto è medio/grande, di forma ellittico-ovoidale, dal peso compreso tra 4,5 e 7 g, di colore nero intenso con riflessi violacei a totale invaiatura. Cultivar a duplice attitudine (olive da mensa/da olio), presenta una resa media in olio che varia dal 14,5 al 19,5%. La Pennulara è parzialmente autofertile, e la varietà da utilizzate come impollinatrice è la Carolea.
La cultivar mostra resistenza una buona resistenza al freddo ed alla siccità, mentre è sensibile all’occhio di pavone, alla rogna ed agli attacchi della mosca delle olive.
Profilo sensoriale caratteristico della varietà Pennulara.
Fruttato di oliva di media intensità che ricorda le olive colte verdi. A completare il profilo olfattivo sentori di erba appena falciata, leggere sensazioni di cuore di carciofo e foglia di olivo. Buona fluidità in bocca, al gusto è equilibrato nei toni dell’amaro e del piccante, di media intensità, stemperati nella lieve dolcezza finale della frutta. Ancora carciofo e copiosa frutta secca (noce e mandorla amara) a chiudere la conduzione gustativa.
Ciciarello (sinonimo: Olivo amaro, Ciciareddu).
E' presente nella piana di Gioia Tauro e, in misura minore, nell’areale vibonese ed è impiegata come impollinatore. Albero di notevoli dimensioni e portamento assurgente, con foglia ellittico - lanceolata, piccola, di colore verde scuro. Le infiorescenze presentano dimensioni medie con 18-20 fiori per mignola. La drupa, di forma ellissoidale e di piccole dimensioni (1,6 - 1,7 g) è di colore nero con riflessi rossastri a completa invaiatura. La produzione, alternante, è destinata alla produzione di olio, con una resa che può raggiungere il 18%. Cultivar autoincompatibile, resistente alla siccità e all’occhio di pavone, molto soggetta agli attacchi della mosca delle olive.
Profilo sensoriale caratteristico della varietà Ciciarello.
Fruttato medio di olive verdi, con sentori evidenti di mandorla, erba e carciofo. Equilibrato al gusto, con una sensazione marcata di piccante ed amaro, con finale di mandorle.

Antonio Giuseppe Lauro et al.. Olivum Nostrum. Carrello degli Oli ExtraVergini di Calabria. Regione Calabria 2014.

Bibliografia:
Alfei B., Magli M., Rotondi A., Pannelli G.. Banca dati degli oli monovarietali italiani. Agenzia Servizi Settore Agroalimentare Marche (ASSAM) Ancona e Istituto di Biometeorologia (IBIMET sezione di Bologna) del CNR. www.olimonovarietali.it.
Celant A.. Appendice 2 : risultati delle indagini paleobotaniche eseguite su impronte e resti vegetali incombusti relativi a frammenti di intonaco di capanna e di fornelli dell'abitato protostorico di Broglio di Trebisacce (CS).
Franco R., Lauro A. G., Orlando C. et al.. Gli Extravergini calabresi. Guida agli oli regionali di qualità. Anno 2005/2006/2007/2008.
Franco R., Lauro A. G., Orlando C.. La caratterizzazione sensoriale delle cultivar calabresi. (In corso di pubblicazione).
Lombardo N., Perri E., Muzzalupo I., Madeo A., Godino G., Pellegrino M.. Il germoplasma olivicolo calabrese. ISOL Rende.
Mincione B. et al.. Carolea. Collana monografica su le produzioni alimentari tipiche del mezzogiorno d’Italia. Laruffa Editore.
Mincione B. et al.. La produzione delle olive da mensa nel basso tirreno reggino. Collana monografica su le produzioni alimentari tipiche del mezzogiorno d’Italia. Laruffa Editore.
Muzzalupo I.. Il germoplasma olivicolo italiano. 2014, CRA.
Parlati M. V., Perri E., Rizzuti B., Pellegrino M.. Caratterizzazione della Cv. Pennulara o Nostrale di Caccuri. Atti del 5° Convegno nazionale sulla biodiversità. Caserta, 9 e 10/09/1999.


martedì 14 ottobre 2014

Vorrei essere ovunque.

Vorrei essere ovunque e con chiunque oggi lavora nei campi d'olivi.
Vorrei essere con loro, condividerne le fatiche, aiutare a raccogliere il prezioso carico dagli alberi e trasportare in frantoio il giusto raccolto dell'anno.
Vorrei essere con chi, adesso, affida il destino alle olive, sperando e pregando che sia un'altra annata da sogno.
Vorrei essere tra quelli che inondano, col proprio prezioso fardello d'olive, di profumi i frantoi.
Vorrei essere con loro, mentre attingono piano allo scrigno prezioso che custodisce l'olio d'olivi e con loro assaggiare e godere dei sapori attesi per un anno.
Vorrei, ma non posso.
Sono qui, accanto a uno schermo a vedere e gioire con quanti, pur in una annata difficile come questa, han fatto di tutto per darci, una volta ancora, di che saziarci per l'anno.
Son qui, incollato ad una finestra virtuale, pur inondato da foto di ulivi, olive, frantoi ed olio d'olivi delle quali manca un segno.
Son qui ad assistere ad un film muto, mancante di loro: i profumi e i sapori del nuovo raccolto.
Son qui, spogliato, arido e privo di quella linfa vitale che dall'albero sgorga, e di cui si raccoglie fino all'ultima goccia, ma attendo.
Attendo, con impaziente frenesia, l'arrivo di buone novelle, l'arrivo degli oli d'amici, la cui conta segna il tempo vibrante dell'attesa.
Avrò così di che dire, avrò di chi cantarne le gesta, avrò un'ottima scusa per spillarne il succo prezioso.
Avrò anche da dire, sicuro, senza retorica alcuna: buon olio nuovo a tutti, e stavolta proprio tutti!

di Antonio G. Lauro

mercoledì 15 gennaio 2014

Quando si dice, "avere le olive"!!!!!

Consentitemi, di tanto in tanto, la celia.
Ho visto su facebook, nel profilo di amici greci di Kalamata, questo segno grafico di Jean-Pierre Desclozeaux e, subito, mi sono tornati in mente tori ben più famosi. Dal toro bronzeo di Wall Street, opera dell'italiano Arturo Di Modica, collocata presso il Bowling Green Park, nel quartiere della borsa di New York e tra le attrazioni più fotografate della grande mela, fino alle enormi sagome di tori disseminati in Andalucia (Spagna). Ma questa volta, più del toro, l'attenzione si è spostata sulle olive, e sui tanti detti su queste... Che ne dite, volete aggiungerne qualcuno?
Antonio G. Lauro
DESCLOZEAUX. Nîmes la ville de l’olivier. 1999. 60 cm x 40 cm. AF 4698.
“L’amant dela vache Monsavon” dixit Desclozeaux
Foto: rideacrosseurope.wordpress.com

Foto: NYC

venerdì 29 novembre 2013

RAI SCUOLA: LE RACCOGLITRICI DI OLIVE IN CALABRIA NEL 1959. IL LAVORO DELLE DONNE

Molte delle raccoglitrici di olive, tutte donne, escono di casa all'alba e percorrono chilometri a piedi prima di raggiungere gli oliveti, dove lavorano dalle dieci e le tredici ore al giorno, a seconda della stagione. Tornate a casa, le attendono i lavori domestici. Quelle che abitano più lontano, le "emigranti", vengono alloggiate in dormitori: grosse stanze dove vengono stipate molte persone o piccoli locali bui, privi di finestre e di cucina. Senza assistenza sanitaria, senza nessuno a cui lasciare i bambini, le olivicole si portano i più piccoli nei campi, mentre i più grandicelli, tolti presto dalla scuola, partecipano già alla raccolta. Lavorano scalze, sempre chinate a terra, e vengono pagate a cottimo: in olio o in danaro. Il lavoro comprende, per alcune, anche il trasporto dei sacchi, che pesano tra i quindici e i venti chili l`uno. Molte non sanno cos`è un contratto. Sembra un racconto di altri tempi, ma è una fotografia dell`Italia della fine degli anni Cinquanta, quale emerge dall`inchiesta condotta da Ugo Zatterin sul mondo del lavoro femminile. Il filmato Braccianti del Sud è tratto dalla serie di inchieste "La donna che Lavora" di Zatterin e Giovanni Salvi, sul mondo del lavoro delle donne. Il programma all`epoca della prima messa in onda, venne considerato eversivo dai vertici aziendali, ma Salvi e Zatterin riuscirono ad evitare la censura e l`inchiesta andò in onda.
dal sito: www.raiscuola.rai.it

sabato 9 novembre 2013

Un tuffo nel passato e nella storia dell’olivo e dell’olio.

Basta poco, a volte, per rivivere momenti della nostra recente storia agricola. Basta un incontro casuale, ritrovare vecchi amici, ed ecco immergersi negli antichi mestieri di un tempo.
L’epoca.
Ci troviamo agli inizi del 1800.
Gli attori.
U trappitu[1], i trappitari[2], l’asino (per i più ricchi un cavallo), i portantini, le olive.
Il luogo.
Saracena, terra antichissima, edificata dagli Enotrii nel 2256 a.C., poi conquistata dai Saraceni (da qui il toponimo), posta alle porte del Pollino, nel cuore dell’omonimo Parco Nazionale.
La storia.
Saracena, la “kasbah” del Pollino, caratterizzata dai  vicoli stretti e contorti che si snodano tra scale, scalini e “vutanti”. La citta dai mille scalini, molti dei quali, nei tempi, sono stati percorsi a piedi, a volta scalzi, per portare un “tomolo”[3] di olive al frantoio. Scalini segnati dai passi dei tanti giovani che realizzavano così le loro scarse pretese di un pasto caldo a fine giornata, scalini segnati da un rivolo d’olio che dai sacchi via, via scorreva dapprima sui vestiti dei portanti per cadere, infine, sul suolo sterrato, frammisto a ruvide pietre del luogo.
E tra imprecazioni e dolore, fatica ed esecrazioni il sacco arrivava su, in cima, nel frantoio padronale.
Sono queste le parole, appassionate, di Zi’ Domenico, di quasi cent’anni, ultimo portantino e custode dell’antico frantoio “a sangue”[4] di Saracena, relitto archeostorico di un passato industriale non molto lontano. Ed è grazie allo Zi’, che tutta questa storia si può ancora rivivere, nell’antico borgo, attraverso i suoi racconti.
Colpisce l’amore con cui narra la sua pur difficile gioventù, si infervora a parlare delle macine, in pietra locale, scolpita direttamente in frantoio. Si entusiasma, Zi’ Domenico, a parlare di tecnologia olearia ante litteram. Ci spiega come avvenivano le fasi dell’estrazione dell’olio in frantoio. Le olive sversate nella grande gramola, l’asino che fa muovere le macine, la frantumazione delle olive ed il carico dei fiscoli[5], la torre di pressione, la torchiatura, il sudore e la fatica necessaria per stillare ogni singola goccia del prezioso oro verde. Fatica nel muovere l’ “ominu mortu”[6], collegato alla pressa tramite una corda metallica, solitamente in acciaio, grossa e resistente che, attorcigliandosi, si tendeva esercitando pressione.
E poi l’acqua calda, per separare e far affiorare l’olio di oliva, e la pija[7], magistralmente adoperata per raccoglierne l’olio. E tutto il resto via, le sanse in un’altra stanza e l’acqua all’inferno[8], prima di esser sversata per le vie.
Le parti da dividere: poco o nulla per chi raccoglieva e portava le olive in frantoio, una piccola parte per chi organizzava l’estrazione dell’olio e, tutto il resto, per il “padrone”.
Si era quindi autorizzati a “rubare”, raccogliendo di soppiatto dall’inferno, le ultime gocce di olio lampante celato tra le fetide acque di scarto, utile solo per rischiarare, con lucerne, le lunghe notti invernali.
Il tempo si è fermato, si rimane affascinati dal racconto, apprendendo così gli antichi mestieri legati all’olio e alle olive, quello del trappitaru. Ma ancor di più affascina lui, l’ultimo dei vecchi portantini. Grazie a lui questa storia, ancorata indissolubilmente alla terra, ancora vivrà in mille suoi nuovi racconti.
Grazie Zi’ Micuccio.
Antonio G. Lauro

Le macine in pietra

Il meccanismo di rimescolamento della pasta di olive

Zio Domenico e le fasi di lavorazione in frantoio

Il torchio e la vasca di ricezione del mosto olio (sotto)

Veduta d'insieme del trappitu. Sulla destra l'ominu mortu




[1] dal latino trepetum o trapetus, ovvero luogo dove sono posizionate le macchine del frantoio.
[2] frantoiani.
[3] antica unità di misura di capacità, dal peso variabile tra i 40 ed i 52 kg.
[4] In questo tipo di frantoio, la mola per frangere le olive veniva azionata da forza animale.
[5] dischi in corda di canapa (o di sparto) intrecciata, usati per contenere le olive macinate.
[6] grosso palo in legno fatto ruotare dalle braccia forti degli uomini.
[7] disco metallico di forma circolare, leggermente conico, utilizzato per raccogliere l’olio affiorante.
[8] locale in cui si ubicavano le vasche di stoccaggio dell'acqua di vegetazione.