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Visualizzazione post con etichetta ulivo. Mostra tutti i post
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sabato 20 gennaio 2018

Sei le nuove aree iscritte nel registro nazionale dei paesaggi rurali storici e l'olivo fa da trait d'union tra molti di questi differenti paesaggi.

Foto Rete Rurale Nazionale
Che cosa hanno in comune la Fascia pedemontana olivata fra Assisi e Spoleto, il Paesaggio della Pietra a Secco dell'Isola di Pantelleria, il Parco regionale Storico agricolo dell'olivo di Venafro, il paesaggio policolturale di Trequanda ed il paesaggio rurale storico di Lamole in Chianti? (Piantata veneta a parte) 
Ma l'olivo, chiaramente!
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che l'Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale ha iscritto nel registro nazionale dei paesaggi rurali storici sei nuove aree. Ad oggi il registro include dieci paesaggi e due pratiche agricole, distribuiti dal nord all'estremo sud della penisola, con una crescita che ha visto raddoppiare il loro numero nel corso dell'ultimo anno.
Queste le sei nuove aree inserite:
Fascia pedemontana olivata fra Assisi e Spoleto
Si tratta della principale area olivicola dell'Umbria, conserva un paesaggio dove il rapporto tra olivicoltura e storia si presenta particolarmente forte: borghi storici, castelli e complessi religiosi si trovano immersi negli oliveti che ricoprono le pendici, arricchiti da terrazzamenti, lunette e ciglioni, mentre nella parte pianeggiante, querce monumentali delimitano i seminativi.

La piantata veneta
Questa candidatura che rientra nella sezione delle pratiche tradizionali riguarda una antichissima pratica agricola che affonda le sue radici al periodo etrusco e che fino ad alcuni decenni orsono rappresentava la più importante qualità di coltura che occupava il centro ed il nord dell'Italia. Si tratta di più colture associate a filari alberati che oggi sono prese di nuovo a modello per le loro molteplici valenza ambientali e paesaggistiche.

Paesaggio della Pietra a Secco dell'Isola di Pantelleria
Il paesaggio di Pantelleria testimonia come le condizioni ambientali abbiano determinato lo sviluppo di tecniche colturali in grado adattare le necessità dell'uomo ad un ambiente difficile producendo un paesaggio straordinario associato ad una alta qualità dei prodotti e di grande valenza turistica. Chilometri di muretti a secco ospitano viti ad alberello, olivi potati per crescere a poche decine di centimetri da terra, capperi e agrumi, in un contesto paesaggistico di grande valenza estetico.

Parco regionale Storico agricolo dell'olivo di Venafro
L'olivicoltura di Venafro affonda le sue radici nell'epoca romana dove la qualità dell'olio di questa area era già citato da Plinio e Catone. Si tratta di un paesaggio caratterizzato da olivi monumentali e da terrazzamenti in pietra, nella diffusa consociazione con il pascolo all'interno degli oliveti, in un ambiente che conserva ancora i caratteri del paesaggio storico dell'Appennino meridionale.

Il paesaggio policolturale di Trequanda
Il paesaggio di Trequanda rappresenta un esempio di tipico paesaggio di origine mezzadrile, con un mosaico policolturale complesso costituito da oliveti, vigne, seminativi nudi o arborati e boschi a dominanza di querce, arricchito dalla presenza di terrazzamenti in pietra a secco che sostengono
gli oliveti sulle pendici più acclivi.

Il paesaggio rurale storico di Lamole in Chianti
Il paesaggio agricolo storico di Lamole, conserva un paesaggio policolturale su terrazzamenti in pietra a secco e rappresenta un esempio di come sia possibile fare agricoltura di qualità nel rispetto del paesaggio storico, che finisce per essere un valore aggiunto ai prodotti locali. Lamole è la patria del Sangiovese il vitigno principale del vino Chianti.

In attesa di dichiarare l'olivo patrimonio dell'umanità, cerchiamo almeno di tutelare il paesaggio agrario e le più belle espressioni della nostra storica olivicoltura.

sabato 1 ottobre 2016

Un linguaggio universale da inventare, anche per l'olio extra vergine di oliva.

Un ulivo, un'anfora, un orcio, una giara, un frantoio, una (o più) macina, una (o più) goccia, una (o più) foglia, una (o più) oliva, un (o più) filo d'olio... Un mix tra questi? Quale icona, secondo voi, caratterizzerebbe - in modo univoco - l'olio extravergine di oliva nel mondo? Ditelo qui, si accettano consigli e/o provocazioni! Suvvia, genio italico!

Articolo apparso originariamente il 30 settembre 2016 in Teatro Naturale > Tracce > Turismo
di Antonio G. Lauro


Un linguaggio universale da inventare, anche per l'olio extra vergine di oliva.

Vero che l'inglese è lingua internazionale diffusa e parlata ai quattro angoli del globo ma l'unica lingua davvero universale è quella delle immagini. Dalla maglietta per i viaggiatori a quella per gli oil lovers, il passo può essere breve

Vi piace viaggiare?
Vocabolario limitato?
Ecco la maglia che fa per voi!
D'ora in poi nessun problema con le lingue quando si viaggia: ecco la maglietta che è in grado di comunicare in qualsiasi lingua, anche la più ostica.
Spesso, sono tanti gli appassionati di viaggio che "non trovano" le parole giuste per avventurarsi in nuove avventure. Vorrebbero, ma non osano e la scusa è sempre la stessa: non conoscono le lingue!
Ma finalmente è disponibile una maglietta che riporta le icone utili per i viaggiatori che, grazie a questa "nuova" tecnologia "analogica", adesso possono comunicare in qualunque parte del mondo.
Non più avveniristiche APP, o traduttori simultanei, ma una maglietta - nata da una idea molto semplice - che può cambiare la vita di molti viaggiatori.
Poiché nessuno ci aveva pensato prima, ecco l'intuitiva iniziativa nata dalle menti di George, Steven e Florian di IconSpeak.
La T-Shirt, riporta 40 diverse icone che esprimono idee semplici e facilmente identificabili per indicare le esigenze più frequenti nel corso di un viaggio. Ed ecco che icone come "alloggio", "telefono", "autobus", "meteo" ed un generico "cibo", facilmente riconoscibili ovunque nel mondo, ci possono aiutare ad esprimerci.
Le 40 icone, possono essere combinate tra loro in modo da formare i messaggi più complessi, semplicemente puntando il dito sull'icona nella maglietta.
Ma cosa c'entra questa maglietta con l'olio da olive? C'entra!
Pensateci un attimo, ma come può un gourmet, un olive oil enthusiast, un appassionato di olio extravergine di oliva di olive, non avvezzo alle lingue straniere indicare - ed ottenere - il proprio oggetto del desiderio, ossia l'olio extravergine di oliva, in qualunque parte del globo terracqueo?
Semplice. Provate a stampare - con agevoli procedimenti serigrafici - la vostra propria T-Shirt, con tutte le icone possibili ma con al centro quella che indichi in modo univoco il nostro amato EVOO.
Quale icona?
Sforziamoci un poco, non è poi così difficile. Io ci provo, e voi?

lunedì 10 novembre 2014

L'ulivo dell'accoglienza.

L'ulivo, pianta sacra alla dea Atena è divenuto, oggi, fulgido esempio per tutti gli altri vegetali.
All'olivo, ed ai suoi frutti, nello scorrere dei secoli si sono affidati intere generazioni di contadini, contraddistinte da un perduto, ma interessato, amore per l'albero "sacro".
Sacro ad Atena, dice la mitologia, ma ancor più sacro e ieràtico alle popolazioni contadine, che in lui hanno sempre confidato.
Guardando alla storia ci si accorge che tutti, in campagna, lo hanno amato, con amore sincero per ciò che rappresentava e per amor dei frutti fecondi che portava con se. Lo si è amato, ma anche odiato nelle annate di scarica, perché fonte di prezioso olio, usato con parsimonia nelle lucerne, nelle fabbriche e nelle mense scarsamente addobbate sul finir della giornata di lavoro. Amatissimo per le carnose olive, che in tempi di carestia aiutavano ad ottenere un seppur minima alimentazione, l'amore è continuato, e continua, anche nei riguardi del suo vecchio e nodoso legno, splendido legname d'opera per utensili, porte, infissi e pavimenti caldi e accoglienti, nonché fonte di ottima legna da ardere. Anche le foglie, argentee e verdi, sono state accolte dalla medicina popolare per le proprietà toniche e febbrifughe e quale rimedio per la riduzione della pressione arteriosa e del tasso di zuccheri nel sangue.
A tutti i suoi meriti, adesso, si aggiunge anche il dono dell'accoglienza.
Il saper accettare l'altro, non è dote usuale, ma per l'olivo è prassi comune.
Senza scomodare il mito di Ulisse e del suo letto nuziale intagliato in un tronco millenario di olivo "vivo", per farsene un'idea, basta passeggiare per le assolate campagne, dove castagni nodosi cercano riparo e ristoro, intimamente abbracciati a questo insolito tutore; anche il profumatissimo alloro, esile e stanco, fissa la propria dimora all'interno del protettivo tronco; proprio come fa il fico, rustica pianta dal dolcissimo siconio, che si accontenta di vivere in intimo contatto con lui pur di ottenerne tutela e soccorso e prosperare rigoglioso ed altero.
Sono solo esempi, questi, del forte ed intimo legame che nei millenni si è creato tra l'olivo e la natura che lo circondava, segno di un dialogo forte e temprante, che non ha mai avuto fine.
Dovremmo, noi tutti, imparare da lui, l'olivo, l'arte dell'accoglienza e del rispetto dell'altro, del presunto diverso.
L'olivo: esempio e maestro di vita, da imitare.

di Antonio G. Lauro - Tutti i diritti riservati

Allegato fotografico:
L'Olivo ed il Castagno (Agro di Cittanova, RC).
Foto Carmelo Orlando
Foto Carmelo Orlando
Foto Carmelo Orlando
L'Olivo ed il Fico (Azienda Franz Rodi Morabito - Rosarno, RC).
Foto A. G. Lauro
Foto A. G. Lauro
Foto A. G. Lauro
Foto A. G. Lauro
L'Olivo e l'Alloro (Presidio Rovaglioso - Palmi, RC).
Foto Nuccio Buda
Foto Nuccio Buda

venerdì 13 giugno 2014

L'olivo vaticano: che la pace sia con noi.

L'olivo non più solamente leggenda, mito e simbolo di sacralità, da oggi segno tangibile della pace nel mondo.
Da sempre l'olivo, in letteratura, viene citato quale elemento di unione tra i popoli e simbolo incontrastato di pace e serenità.
Sarà per la sacralità delle sue fronde, agitate all'entrata gloriosa di Gesù Cristo nella città Santa di Gerusalemme, sarà per l'olio che se ne ricava, prezioso e mistico allo stesso tempo, ma è giunto il tempo che a questa magica pianta vengano affidati i destini di una parte del mondo che ha segnato le origini della nostra storia.
Ci voleva un papa, Francesco, ad invocare concretamente, con segni tangibili, quella pace di cui vi è molto bisogno in un dimenticato medio oriente che, volenti o nolenti, riguarda tutti noi, Cristiani, Ebrei o Musulmani, senza distinzione alcuna.
La scelta, non solo simbolica, è stata quella di "piantare", nei giardini vaticani, un olivo da allevare e far crescere; un olivo, o forse sarebbe stato meglio dire senza giri di parole alcuno la pace che, come il nodoso albero, ha bisogno di essere accudita con attenzione ed alimentata quotidianamente. Quel pezzo di Città del Vaticano, dalla storica data dell'8 giugno 2014, ne sarà testimone davanti alla storia. E poiché «Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra», adesso tocca a noi, a tutti noi.
Grazie Francesco, Shimon, Mahomud, Bartolomeo.
Antonio G. Lauro

giovedì 25 agosto 2011

Si dice "ulivo" o "olivo"?

Riportiamo il testo integrale di un articolo apparso tempo fa sul web e a firma di Matilde Paoli dell'Accademia della Crusca.
Palmi (RC), Scoglio dell'ulivo... o olivo?
Si dice "ulivo" o "olivo"?
Consultando il TLIO Tesoro della Lingua Italiana delle Origini, ovvero il vocabolario storico dell’italiano antico, basato sull’intera documentazione disponibile, dall’Indovinello veronese fino ai testi della fine del Trecento, al lemma olivo (significativamente scelto dai curatori dell’opera) possiamo verificare che fino dalle origini l’italiano aveva a disposizione per indicare l’“albero del genere Olea, coltivato per la produzione di olio” entrambe le forme maschili olivo e ulivo, accanto alle femminili corrispondenti oliva e uliva, più coerenti con l’uso latino del femminile per indicare l’albero. A prescindere dal genere, le due forme in o- ed u- iniziale sono attestate in documenti datati a partire dalla seconda metà del XIII secolo, olivi nel 1257 e ulivi nel 1292, entrambi in testi fiorentini; più rilevante la differenza nella quantità delle attestazioni (cinque per olivo e tredici per ulivo) e per l’area di provenienza dei testi: fiorentina e genericamente toscana per ulivo, fiorentina, senese, aretina, bolognese e genericamente emiliana per olivo; il femminile uliva ha sei attestazioni, sempre in testi toscani fino al Petrarca, mentre oliva trova la prima di otto attestazioni in un documento lombardo del 1274, e poi in testi di provenienza lucchese, siciliana, pisana, perugina, veneta e romana. A fianco di oliva e uliva compare, anche se in misura minore auliva, attestato in un documento bolognese, in uno siracusano e infine in uno napoletano.
Scoglio dell'ulivo (particolare)
Per quel che riguarda le denominazioni del frutto dell’olivo, la situazione pare praticamente sovrapponibile, con oliva accanto a uliva, ma mentre uliva trova una testimonianza in Ricette mediche toscane del XIII secolo, le prime attestazioni di oliva risalgono al XIV secolo; anche in questo caso si affianca la forma auliva (e aulivo), che come annota Pär Larson che ha curato la voce del TLIO, “sarà probabilmente un sicilianismo (benché tale forma dittongata compaia già nei documenti latini toscani del sec. VIII)”.
Per la tradizione delle due forme nella letteratura abbiamo a disposizione il corpus della Biblioteca italiana, interrogabile anche per fasce cronologiche: dalla consultazione risulta una continua alternanza nell’uso delle due forme con periodi in cui olivo risulta più usato, come nel ’500, secolo in cui si pone la questione della lingua nazionale, ed altri di sostanziale equilibrio; solo nell’800, secolo che vede la riproposizione del toscano/fiorentino come lingua nazionale, si ha un aumento appena sensibile delle frequenze di ulivo; il ’900 riporta nettamente in vantaggio olivo: se Pascoli mostra ancora una distribuzione quasi equivalente, il senese Federigo Tozzi opta decisamente per la forma in o-. Per quel che riguarda oliva e uliva, la differenza resta sempre a favore della prima forma, con una differenza rilevante nel ’500, fino ad una situazione di apparente equilibrio nell’800; nel ’900 solo il Pascoli, all’interno del corpus considerato, ha ancora uliva.
Il percorso delle due forme attraverso la lessicografia mostra nelle prime due edizioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca il solo lemma ulivo, ampiamente attestato dai grandi autori trecenteschi (da Dante a Villani), mentre oliva compare accanto a uliva fin dal 1612; dalla terza edizione i due lemmi sono trattati singolarmente ed è rilevante notare che la quinta edizione (1923) annota ulivo come forma popolare. Il Nòvo vocabolario della lingua italiana secondo l’uso di Firenze (Firenze, Cellini, 1870-1897), lo strumento con cui, all’indomani dell’unità, si proponeva il fiorentino come base della lingua nazionale, registra sia ulivo che olivo, ma la trattazione del lemma è sotto ulivo, e benché non vi sia alcuna notazione su differenze d’uso, nelle definizioni è sempre usato ulivo; anche per oliva il rimando della trattazione è a uliva.
Il Nuovo dizionario universale della lingua italiana di Policarpo Petrocchi (Milano, Treves 1902) non fa alcuna distinzione fra olivo e ulivo, mentre per il frutto uliva è “più comune” di oliva; però la trattazione completa è sotto le forme inizianti per o-. Le edizioni dello ZINGARELLI - a partire dal 1917 (Milano, Bietti e Reggiani) - hanno la trattazione del lemma a oliva e olivo, senza che si diano mai notazioni sull’uso; altrettanto accade per i principali dizionari sincronici dei nostri giorni, con la sola eccezione del GRADIT che registra ulivo come variante di uso comune, mentre olivo è glossato come “di alto uso”, cioè fa parte di quel nucleo di lessico ad alta frequenza che costituisce la base della comunicazione scritta o parlata; uliva è letterario, mentre oliva è tra i lemmi classificati come fondamentali, quel gruppo di vocaboli che costituiscono circa il 90% delle occorrenze lessicali dei testi scritti o parlati. A partire dal 1995, il termine Ulivo (con la maiuscola) assume anche l’accezione di ‘raggruppamento politico del centrosinistra’, che introduce un nuovo elemento nella dinamica del rapporto tra le due varianti, registrato dalla lessicografia contemporanea: dall’edizione 2002 dello ZINGARELLI la trattazione passa sotto ulivo, con l’aggiunta della nuova accezione; lo stesso accade per il DISC dall’edizione 2004; mentre il Devoto Oli nell’edizione 2004/2005, continua a trattare il lemma sotto olivo, aggiungendo al rimando la nuova accezione sotto ulivo.
Per ciò che riguarda i lessici tecnici, sia per quelli riguardanti l’agricoltura che per quelli riguardanti la botanica, si nota il passaggio da ulivo a olivo: se nel Vocabolario di agricoltura di Eugenio Canevazzi del 1892 (Rocca San Casciano, Cappelli) alla voce olivo (e oliva) si rimanda a ulivo per la trattazione del lemma, il Dizionario di agricoltura, diretto da Alfonso Carena del 1956-1957 (Torino, UTET), presenta soltanto olivo; così, mentre nella seconda edizione del 1825 del Dizionario botanico italiano di Ottaviano Targioni Tozzetti (Firenze, Guglielmo Piatti) ulivo, uliva hanno la trattazione del lemma, nel Lessico di botanica dell’Editrice La Scuola (Brescia, 1979) troviamo solo olivo, anche se, a testimoniare la persistenza dell’uso oscillante, il successivo Dizionario di botanica della Rizzoli (Milano 1984) ha a lemma “olivo o ulivo” “oliva o uliva”, benché compaiano solo le forme con o- nelle definizioni
Oltre alla tradizione letteraria e lessicografica, per queste forme in particolare, occorre considerare anche quella relativa alle sacre scritture, spesso veicolo di forme arcaiche proprio in virtù della sacralità attribuita alla parola. Nella liturgia cattolica del periodo pasquale, durante le celebrazioni vengono letti ai fedeli due brani dal Vangelo secondo Marco in cui compare il toponimo Monte degli Ulivi: “E quando si avvicinarono a Gerusalemme, a Betfage e Betania, vicino al Monte degli Ulivi ...” (Mc 11,1, La Bibbia concordata, a cura della Società biblica italiana, Milano, A. Mondadori, 1969 3a ed.) ed anche: “E, dopo aver recitato l’inno, uscirono verso il Monte degli Ulivi” (Mc 14, 26, Ibid.). D’altra parte dal Vecchio testamento nel racconto della fine del diluvio universale (Genesi 8, 11, Ibid.) proviene il sintagma, esteso a contesti profani e diffuso nell’uso comune, ramoscello d’olivo, che per quanto presenti o- iniziale nell’edizione citata della Bibbia, resiste nell’uso con la u- (9.430 occorrenze documentate da Google per ramoscello d'ulivo contro le 2.570 per ramoscello d'olivo). Un’altra espressione veicolata dalla liturgia cattolica è Orto degli ulivi, presente nella denominazione ufficiale Gesù in agonia nell’Orto degli ulivi, data alla prima stazione della Via Crucis (Via Crucis - Secolo XX Archivio Casa Generalizia S.V.D.- Roma); e si ricorda ancora che per Domenica delle palme è usata anche la denominazione Domenica degli ulivi (registrata a partire dalla IV edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca), assai diffusa a livello dialettale soprattutto in Italia settentrionale e in Toscana (cfr AIS IV 776), ma anche nell’uso corrente (492 occorrenze in rete di contro alle 32 di Domenica degli olivi).
Una ulteriore considerazione da fare è che la coltivazione dell’olivo è diffusa ampiamente in tutto il territorio nazionale, quindi la terminologia relativa in lingua non può prescindere dal rapporto che si instaura con le varietà regionali e locali, in quanto, come scrive Annalisa Nesi, “Il lessico tecnico delle attività tradizionali (agricoltura, pesca, cura del bosco, ecc.) appartiene alle diverse varietà dialettali presenti sul nostro territorio ed ha nella lingua italiana gradi diversi di standardizzazione”(CaLiTraT - Un progetto sulla cultura del castagno in Toscana con sviluppi interregionali, in Circolazione d'idee, libri, uomini e culture, in corso di stampa, pp. 241-258: 242). In particolare per quel che riguarda la Toscana ulivo è voce tradizionale dell’intera regione (Teresa Poggi Salani la mette tra i toscanismi citati nel suo La Toscana); parallelamente uliva, forma quasi del tutto scomparsa in lingua, era, come si può constatare consultando ALTWeb, la banca dati che rende disponibile in rete il patrimonio lessicale raccolto dall’Atlante Lessicale Toscano, ancora fortemente radicata a livello locale nell’espressione (rac)cogliere/raccattare l’ulive, anche nell’uso dei più giovani fino agli anni ’80 del secolo scorso. Per il panorama nazionale, sulla base dei dati dell’AIS relativi alla carta 1353 del volume VII ‘L’oliva, Le olive’ e al Cp. della stessa ‘L’olivo’, si può affermare che Veneto, Trentino, buona parte della Sardegna, e la porzione settentrionale del Lazio, hanno le forme in o-, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia hanno auliva, aulivo (anche nelle forme aliva o avuliva) e la restante parte della penisola ha uliva, ulivo.
Per ciò che riguarda l’uso standard corrente un sondaggio sul materiale proposto in rete mostra nei siti delle università, del CNR, di istituti scientifici in genere, l’impiego quasi esclusivo di olivo; così anche nel sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (anche se risulta che il Ministro Paolo De Castro usò ulivo in un suo discorso del 12 luglio 2007), mentre in quello del Corpo forestale dello Stato si mostra un uso oscillante; lo stesso si può rilevare nei testi delle Normative Regionali inerenti alle coltivazioni o nei Bollettini fitosanitari regionali (resiste per esempio, seppur minoritaria, la variante in u- in mosca, tignola, carie dell’ulivo). Ancora oscillazione fra le due forme si rileva nei settori legati ad ambienti specifici (vivai, giardini botanici, riviste di giardinaggio, aziende legate al mondo agricolo), in piena coerenza con l’affermazione di Nesi riportata sopra, anche se sembra potersi cogliere in generale un vantaggio a favore di olivo, specialmente in siti di rilevanza nazionale, come quello del CNO, Consorzio Nazionale degli Olivicoltori, che sembra avere solo olivo. Ulivo, ed anche uliveto (familiare come denominazione di una famosa acqua minerale), sembrano invece preferiti per le denominazioni di agriturismi, alberghi, villaggi turistici e ristoranti, probabilmente per la capacità delle forme tradizionali di evocare atmosfere di altri tempi che paiono garantire una migliore “qualità della vita”; d’altra parte oliveto sembra ricevere impulso dalla presenza in toponimi prestigiosi quali il Monte Oliveto Maggiore dell’omonima abbazia in provincia di Siena e soprattutto il Monte Oliveto di Palestina. Uliva pare quasi del tutto scomparso dall’uso in lingua, anche per l’affermazione esclusiva di oliva nel sintagma olio di oliva che costituisce l’etichetta imposta dalla normativa al prodotto: significativa la denominazione commerciale Olio d’Uliva di un olio toscano, immediatamente seguita, per rispetto delle normative inerenti al settore, dalla dicitura “olio extravergine di oliva”.
Concludendo, sembra che ulivo, col derivato uliveto, oltre che in Toscana, resista, non tanto nell’uso letterario contemporaneo orientato verso olivo, ma in ambiti tecnici e normativi, più che scientifici, e nell’uso comune, sostenuto dalla diffusione nelle varietà dialettali di una parte della penisola, dal suo impiego nella liturgia cattolica e più recentemente dalla comparsa della nuova accezione legata alla vita politica nazionale; d’altra parte è evidente che olivo, sostenuto dal parallelismo con oliva, ormai esclusivo fuori di Toscana, già maggioritario pressoché in tutti i settori, è destinato a diffondersi sempre più, come testimoniano le forme derivate olivicoltore, olivicoltura, creazioni del XX secolo (DELI), che praticamente non prevedono la variante in u.
Per approfondimenti
• AIS K. Jaberg - J. Jud, Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz, Zofingen, Ringier & Co., 1928-1940
• Atlante Lessicale Toscano (ALT-Web)
• Biblioteca Italiana, Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
• T. Poggi Salani, La Toscana, in L’italiano delle regioni Lingua nazionale e identità regionali, a cura di F. Bruni, Torino, UTET 1992, pp. 402-450
• TLIO Tesoro della Lingua Italiana delle Origini
A cura di Matilde Paoli - Redazione Consulenza Linguistica Accademia della Crusca